Conosciute anche con il termine inglese di short selling, le vendite allo scoperto rappresentano un’operazione finanziaria che deve essere conosciuta da chiunque abbia intenzione di inviziare a fare trading online. Non conoscere cosa voglia dire vendere allo scoperto vuol dire non sfruttare la possibilità di investire quando i mercati sono in ribasso o quando la borsa crolla.
La potenzialità più significativa e importante della vendita allo scoperto è proprio questa: anche in una fase in cui i mercati scendono è possibile generare profitti. Purtroppo ci sono alcune piattaforme di trading che non mettono a disposizione l’opportunità di vendere allo scoperto. Altre, come eToro, Naga o Capital.com, consentono di effettuare questo tipo di investimento.
Cosa significa vendere allo scoperto
La vendita allo scoperto è un’opzione che dovrebbe essere presa in considerazione da tutti coloro che hanno in mente di investire nel trading online. Si tratta di speculare sui mercati producendo un guadagno nel momento in cui il valore di un titolo finanziario diminuisce. Per ricavare un profitto frutto di una riduzione di prezzo è sufficiente agire tramite una piattaforma di trading che mette a disposizione la possibilità di vendere allo scoperto: una volta individuato il titolo su cui si intende operare, si fa clic sul pulsante Sell.
Come si vende allo scoperto
La premessa era necessaria, ma a questo punto ci si può immergere nell’analisi della vendita allo scoperto: una soluzione preziosa per chiunque desideri investire in Borsa, ma che dipende dalla piattaforma di trading che si sceglie. Come si è già accennato, non tutte le piattaforme consentono di vendere allo scoperto, e anche tra quelle che offrono tale possibilità è indispensabile operare una cernita, visto che non sono tutte uguali, né dal punto di vista della sicurezza né per ciò che concerne i servizi offerti.
Se si vende un titolo finanziario allo scoperto vuol dire che si sta vendendo un titolo che in realtà non si possiede davvero. Ciò è possibile in virtù della promessa di consegna del titolo a chi lo compra: il che potrà avvenire solo dopo un lasso di tempo ben preciso.
Un esempio concreto può essere utile per avere le idee più chiare. Si pensi a un titolo che sul mercato ha una quotazione di 1000 dollari. Se questo titolo viene venduto allo scoperto, chi lo compra si attende la consegna del titolo alla chiusura dell’operazione in cambio del pagamento di 1000 dollari. Se però quel titolo perde valore, e per esempio scende a 900 dollari, chi vende allo scoperto può scegliere di chiudere l’operazione, acquistando il titolo a un prezzo di 900 dollari e poi vendendolo al compratore, a fronte di un pagamento di 1000 dollari. Questo vuol dire che la vendita allo scoperto ha fruttato 100 dollari di profitto.
Potrebbe anche interessarti il nostro articolo: “Quanto guadagna un trader professionista?”
I CFD e la vendita allo scoperto
Gli investitori che utilizzano le piattaforme di trading migliori hanno, tra l’altro, la possibilità di servirsi dei contratti per differenza. Questi ultimi, indicati anche con l’acronimo CFD (che sta per Contract for Difference), non sono altro che degli strumenti finanziari semplificati. Per essere più precisi, si tratta di contratti finanziari il cui prezzo è correlato al valore del titolo sottostante. Il contratto per differenza sulle azioni di una certa società, per esempio, ha un prezzo uguale a quello delle azioni di quella società.
Scegliere di usare i contratti per differenza ci si impegna a operare una previsione per cercare di intuire se sia preferibile vendere allo scoperto o comprare. I CFD permettono infatti di effettuare due operazioni: se si intende guadagnare nel momento in cui il prezzo sale è necessario comprare, mentre se si desidera ottenere un profitto in corrispondenza di un calo del prezzo bisogna vendere.
Ai contratti per differenza si può applicare anche la leva finanziaria, che permette di moltiplicare i profitti in caso di investimenti con esito positivo. Proprio la leva finanziaria è lo strumento attraverso il quale le migliori piattaforme di trading permettono a chiunque di iniziare a investire, senza che si sia costretti a impegnare una quantità eccessiva del proprio patrimonio. Non possono essere sottovalutati, comunque, i rischi: i CFD sono in ogni caso strumenti complessi, e la leva finanziaria può anche far perdere molti soldi nel caso in cui un investimento non abbia l’esito che si auspica.
Non per questo ci si deve spaventare o si deve rinunciare a fare trading: più che altro, è utile essere consapevoli delle caratteristiche degli strumenti che si maneggiano e capire fino in fondo in che modo funzionano i contratti per differenza. Dopodiché ci si deve porre una semplice domanda: quanto si è disposti a rischiare di perdere i propri soldi?
Le piattaforme di trading online da preferire sono quelle che concedono l’opportunità di servirsi della vendita allo scoperto proprio attraverso i contratti per differenza. Si è già accennato al fatto che non sempre le piattaforme di trading mettono a disposizione tale opportunità: pertanto è utile conoscere ed esplorare ciò che il mercato propone.
Le migliori piattaforme di trading offrono in generale queste opportunità:
Di seguito troverai una lista delle piattaforme che presentano queste caratteristiche, tra cui eToro e Capital.com.
-
Deposito Min: 100
Licenza: Cysec 388/20
Il 75.8% dei conti degli investitori al dettaglio perdono denaro quando scambiano CFD con questo fornitore
-
Deposito Min: 0
Licenza: Regolamentazione knf
5800+ Strumenti disponibili
78% di conti di investitori al dettaglio perdono denaro a causa delle negoziazioni in CFD con questo fornitore
-
La banca più votata su trustpilot
Tra le banche più solide in Europa
-
Deposito Min: 100
Licenza: Cysec 109/10
Il 51% dei conti degli investitori al dettaglio perde denaro quando si scambiano CFD con questo fornitore. Dovreste considerare se capite come funzionano i CFD e se potete permettervi di correre l'alto rischio di perdere il vostro denaro.
-
Deposito Min: 20 (con carta)
Licenza: Cysec 319/17
Il 75% dei conti degli investitori al dettaglio perde denaro quando si scambiano CFD con questo fornitore. Dovreste considerare se capite come funzionano i CFD e se potete permettervi di correre l'alto rischio di perdere il vostro denaro.
eToro è decisamente raccomandata, richiede per iniziare un deposito minimo di 200 euro e permette di sfruttare il meccanismo del Copy Trading, di cui si è già parlato.
eToro
Tra le piattaforme più apprezzate in assoluto c’è eToro. Si tratta di una piattaforma:
Facile da utilizzare
Regolamentata
Autorizzata
In più eToro permette a tutti gli utenti che si registrano di riprodurre in modo automatico i comportamenti e gli investimenti dei trader più abili. Tutto questo è possibile in virtù di Copytrading, un software brevettato che è progettato in modo da consentire l’individuazione di chi in precedenza ha guadagnato di più adottando un basso profilo di rischio. Inizia subito a fare copytrading con eToro. Provalo da qui.
Potrebbe anche interessarti: Come guadagnare con eToro.
Sapere cos'è lo short selling
Come si sottolineava all’inizio di questo articolo, ci sono ancora un sacco di persone – tra chi si accinge a cimentarsi nel trading online – che non conoscono lo short selling (o vendita allo scoperto, che dir si voglia). Si tratta di principianti che nei migliori dei casi non colgono tutte le opportunità di guadagno di cui potrebbero beneficiare, e che nei peggiori dei casi finiscono addirittura per perdere i propri soldi.
La colpa è comunque dell’ignoranza, e cioè della mancata conoscenza. Questa è la ragione per la quale quando ci si avvicina al trading lo si deve fare con umiltà e soprattutto con la predisposizione a studiare.
Il divieto di vendita allo scoperto
Le autorità di vigilanza, in condizioni di mercato ben precise, possono prevedere il divieto di vendita di azioni allo scoperto. È ciò che può avvenire anche nel nostro Paese. Per esempio, nel momento in cui c’è un evento particolarmente grave che provoca un crollo della Borsa, la Consob ha la facoltà di intervenire e impedire ai trader di vendere allo scoperto. Si tratta di provvedimenti che hanno un senso ben preciso: il loro scopo, infatti, è quello di prevenire un calo ancora più drastico della Borsa. Va detto, comunque, che non tutti gli addetti ai lavori sono concordi in relazione all’efficacia di tali decisioni.
In effetti, il motivo per cui la Borsa scende non deve essere individuato nella presenza di chi effettua lo short selling, ma nel panico degli investitori che, con un atteggiamento poco razionale, vendono le proprie azioni. La loro, però, non è una vendita allo scoperto.
Cosa sapere prima di vendere allo scoperto
La vendita allo scoperto, per poter risultare efficace e redditizia, presuppone la bravura di approfittare della meccanica che si innesca nel momento in cui si verifica, in un mercato, la transizione da prezzi più elevati a prezzi inferiori. Gli investitori e i trader possono essere spaventati dalla ripidità della curva, e così finiscono per evitarlo completamente, perfino nei mercati orso. Tuttavia si sta parlando di una strategia classica che si può rivelare fruttuosa, a condizione che si sappia in che modo devono essere sfruttate le tendenze al ribasso e al rialzo.
È importante, a questo scopo, rispettare e mettere in pratica delle regole per la gestione del rischio piuttosto severe. Un altro aspetto da non sottovalutare, poi, è quello relativo alla gestione dei tempi. Il trend è un amico che bisogna essere in grado di sfruttare, fermo restando che risulta più semplice ottenere un guadagno con le vendite allo scoperto se si ha a che fare con un trend al ribasso. A dispetto del vantaggio, gli short seller nei mercati ribassisti sono spesso presi di mira, complici le compressioni brusche che causano l'innescare degli stop loss.
Da ciò si può dedurre che la redditività sul lungo periodo non passa solo dagli investimenti effettuati su titoli in calo. Per acquisire dimestichezza con la vendita allo scoperto e imparare a sfruttarla a proprio vantaggio c’è bisogno di:
I venditori devono prendere dimestichezza con il fatto che ogni tanto dovranno fare i conti con perdite consistenti. Il bravo trader è quello che sa come fare per limitare il più possibile queste parti poco gradevoli, e non iniziare a pensare, a causa delle perdite, che il trading online è una truffa.
Consigli per vendere allo scoperto
In un mercato liquido e privo di restrizioni specifiche è possibile vendere in qualunque momento allo scoperto. In linea teorica il titolo deve essere in hold da parte del broker nel momento in cui la posizione short viene assunta da un altro cliente. A livello pratico, però, la situazione è diversa: si vanno diffondendo sempre di più, infatti, le vendite allo scoperto nude, cioè prive del corrispondente. Si tratta di una tendenza che è in costante crescita per effetto di pratiche commerciali che sono diventate sempre più competitive.
Ci sono tre tecniche che è possibile sfruttare per vendere allo scoperto:
La prima prevede di vendere un titolo che ha un trend al ribasso
La seconda prevede di entrare in un trend laterale ed attendere una rottura al ribasso
La terza prevede di vendere un pullback con un trend al ribasso.
Ci sono un sacco di trader che decidono di vendere allo scoperto a nuovi massimi, ritenendo eccessiva la salita di un certo titolo. In realtà questa non è una strada da percorrere, dal momento che i trend al rialzo possono durare molto di più rispetto a ciò che si era preventivato con l’analisi fondamentale o con l’analisi tecnica. C’è una vasta schiera di venditori con posizioni short in corrispondenza di rialzi molto significativi, e ciò non fa altro che alimentare incrementi verso prezzi ancora maggiori. Sono sufficienti pochi picchi di rialzo per far sì che tali investitori comincino a chiudere le proprie posizioni. In questo modo, però, si ottiene l’effetto opposto a quello voluto, con tanti punti in rialzo aggiunti in un periodo minimo.
Crollo della Borsa: perché succede
Iniziamo spiegando perché la Borsa crolla. La Borsa è il mercato dove vengono scambiate le azioni, le quali altro non sono che dividendi degli utili prodotti dalle aziende. In base alla quota del capitale che investe, l’azionista ottiene la sua proporzione di dividendo. Il valore di un’azione dipende quindi da quanto dividendo riesce a distribuire. Il prezzo dell’azione quindi sarà più alto se quell’azione offre un alto potenziale di guadagno.
È possibile calcolare il valore di una Borsa analizzando l’indice di Borsa, calcolato partendo dal valore delle azioni che sono quotate in quel mercato. La media si basa sull’importanza di ogni azione. Quindi, più che dire che la Borsa crolla, è più appropriato dire che l’indice relativo a quella Borsa è crollato.
I più famosi crolli di borsa della storia moderna
Nel corso della storia moderna ci sono stati diversi crolli di Borsa diventati tristemente famosi. Per completare la panoramica di questo articolo abbiamo deciso di citare le recessioni e i crolli più famosi, che hanno influito in modo più pesante sull’economia a livello mondiale.
Crisi del 1929
Quella del 1929 è la crisi economica più conosciuta, il famoso "grande crollo di Wall Street". Gli anni precedenti erano stati caratterizzati da una grande produzione, la domanda superava l’offerta e tutta la merce veniva costantemente venduta senza creare scorte di magazzino. Un ritmo del genere non poteva durare in eterno, infatti nel 1928 le vendite rallentarono e gli investimenti in Borsa non erano più così affidabili.
Inizialmente le aziende provarono a insabbiare i bilanci, colte impreparate dal cambiamento. Quando non poterono più nascondere il vero andamento delle cose iniziò il panico generale, il crollo dei titoli azionari e la perdita quasi totale del capitale di tantissimi investitori. In particolare, durante le giornate del 24/10/1929 e del 29/10/1929 (rispettivamente il "Giovedì Nero" e il "Martedì Nero") il crollo divenne palese e si bruciarono oltre 14 miliardi di Dollari, all’epoca un'incredibile quantità di denaro.
Per riprendersi da quella crisi il mondo impiegò 10 anni, per arrivare a toccare nuovamente i valori precedenti alla crisi solo negli anni ’50. Un aspetto triste di questa ripresa consiste nel fatto che per metterla in atto venne attuata oltre al resto anche una corsa agli armamenti che alzò la produzione industriale e quindi il PIL americano, sfociando in seguito nella seconda guerra mondiale.
Crisi petrolifera del 1979
Alla fine degli anni ’70 fu la volta dell’inflazione. Un avviso di tale situazione si ebbe già nel 1973, dopo la guerra del Golfo quando il prezzo del petrolio si alzò in modo incredibile. Questo portò ad un aumento generale dei prezzi e quindi ad un’inflazione tale che portò ad un periodo di austerity.
Quindi, come succede spesso, quelli che ci rimisero furono i cittadini che non poterono far fronte alle spese così alte con i loro normali salari.
Crollo del 1987
Questo crollo, a cui abbiamo già fatto accenno nei paragrafi precedenti, si ebbe a causa di errori tecnici. L’epicentro a quanto pare fu Hong Kong, dove si registrò un crollo del 20%. Successivamente, la crisi raggiunse Wall Street e poi l’Europa.
Gli investitori entrarono in panico, ma dato che l’errore fu appunto “tecnico” e che l’economia sostanzialmente era in buona salute, il mercato si normalizzò nel giro di alcuni giorni. In soli 20 giorni non c’era più traccia del crollo.
George Soros e il Mercoledì Nero
Il 16 settembre del 1992 è passato alla storia, nel Regno Unito ma non solo, con il nome di Mercoledì Nero: quello è stato il giorno nel quale gli speculatori hanno – per così dire – rotto la sterlina. In altri termini, il governo britannico è stato obbligato a ritirare la moneta dal Meccanismo di cambio europeo, a cui si era deciso di aderire per favorire l’unificazione delle economie del Vecchio Continente.
Si può considerare il Mercoledì Nero proprio come una conseguenza indiretta di tale tentativo. La colpa – se così la si può definire – deve essere addossata a George Soros, protagonista di una vendita allo scoperto che gli fruttò incassi da primato. In un solo mese Soros fu in grado di totalizzare un guadagno di 1 miliardo e mezzo di dollari: tutto questo fu possibile grazie alla scommessa per cui diverse monete europee, tra cui appunto la sterlina britannica, avevano una quotazione eccessiva in confronto al marco tedesco.
Furono di 300 milioni di dollari gli incassi della Caxton Corp. Di Kevner, mentre i fondi di Jones raggiunsero un introito di 250 milioni di dollari. Fu però Soros a sbaragliare tutti: il suo patrimonio in gestione a metà del mese di ottobre del 1992 era di 3 miliardi e 300 milioni di dollari; alla fine del 1993 era salito a 11 miliardi di dollari, con un incremento di quasi 7 miliardi di dollari.
Crollo del 2000 (crisi delle dot.com)
Arriviamo all’inizio del nuovo millennio, quando internet iniziava a diffondersi nelle case e si iniziava a investire seriamente nelle aziende Tech (le dot.com). Nonostante la storia avesse dimostrato che a periodi di euforia potevano susseguirsi momenti di grandi difficoltà, il crollo dei mercati tra il 1999 e il 2000 colse molti di sorpresa. Chi aveva investito senza riguardi nelle dot.com iniziò a ritirarsi e il Nasdaq crollò del 10% in tre giorni. I fatturati di molte aziende Tech si dimezzarono e molte dot.com sparirono o vennero inglobate da altre. Grazie alla struttura innovativa dei titoli, il mercato fu in grado di assorbire le perdite e molte aziende poterono riprendersi, come ad esempio Google, Amazon e Apple.
Crisi del 2008
La data della successiva crisi è il lunedì 16/09/2008. La Banca Lehman Brothers aveva dichiarato fallimento il giorno prima e, alla riapertura, Wall Street crollo del 9%. Non si può però colpevolizzare una sola banca per quella crisi globale, bensì tutta l’operativa messa in atto da un numero sostanziale di banche durante il periodo antecedente a quella data. In particolare, ci fu una concessione di mutui troppo libera, che causò un forte crollo dei bilanci bancari, sofferenza del credito verso imprese e clienti, aziende in fallimento e conseguente disoccupazione galoppante.
In ambiente UE ci furono divergenze di opinioni in merito all’utilizzo della Banca Centrale Europea in situazioni di crisi, che rallentarono l'attuazione delle misure di contenimento e quindi portarono ad un peggioramento della situazione.
Dato che il Coronavirus ci sta portando ad una nuova crisi, a causa dell’emergenza sanitaria, le ripercussioni economiche si sentiranno. Si spera che, sulla base delle crisi precedenti, vengano prese le misure necessarie in tempi ragionevoli per far fronte alla situazione.
Cosa implica una recessione?
Anche se i crolli degli indici di Borsa possono verificarsi in qualsiasi momento, di solito quando avviene una recessione la Borsa ne risente inevitabilmente. Dato che la recessione avviene quando i livelli di attività produttiva sono bassi, ne consegue una crisi economica che tocca molteplici realtà, a partire dal calo del lavoro per finire alla diminuzione del prezzo delle azioni. Quando la recessione comporta un aumento dei prezzi siamo di fronte ad una stagflazione e se la recessione avanza, si arriva alla depressione, un po’ come quella famosa del 1929.
La diminuzione della domanda, comporta un taglio anche nella catena produttiva dell’offerta, entrando così in un loop pericoloso. Se le aziende non intascano, non possono pagare i fornitori e aumentano i loro debiti. In questo modo l’effetto della crisi arriva alle banche che non saranno in condizioni di poter pagare i dividendi agli azionisti. Una volta che la crisi quindi ha raggiunto aziende e banche, si inizia a parlare di recessione e crollo della Borsa. Gli investitori (o almeno quelli che non hanno investito correttamente) vedono i loro risparmi diminuire e non potranno spendere con la stessa facilità di prima. Questo comporta quindi un ulteriore diminuzione della domanda.
Ecco quindi in alcuni passaggi come si presenta il quadro della recessione economica in un paese. Il PIL (Prodotto Interno Lordo) è quello che misura l’andamento produttivo di un paese ed è l’indicatore da osservare per definire se ci si trova in un periodo di recessione. In particolare, si parla di recessione quando il PIL è in caduta per 2 trimestri consecutivi.
Comunque, dopo questi accenni di teoria, passiamo alla pratica e rispondiamo alla domanda fatidica: è possibile investire anche quando la borsa crolla?
Guadagnare in recessione vendendo allo scoperto
Sebbene sia vero che quando il prezzo delle azioni sale conviene comprare, è anche vero che si possono vendere azioni allo scoperto e guadagnarci comunque.
Vendere allo scoperto comprende un’attività di speculazione, indirizzata a trarre profitto dalla diminuzione del valore di un certo titolo finanziario. Quindi, vendendo allo scoperto, si può guadagnare anche quando il prezzo di un’azione è in discesa.
Occorre comunque far presente che all’origine del crollo non ci sono gli speculatori. Infatti, in casi come quello che abbiamo descritto è la recessione la miccia che ha acceso il fuoco. Piuttosto, lo speculatore rende i mercati più efficienti e può quindi aiutare ad uscire dalla recessione. Inoltre, non è necessario essere ricchissimi per investire in questo modo.
Conclusioni
In sintesi, la vendita allo scoperto è un’operazione speculativa, che però non viene supportata da tutte le piattaforme di trading. A proposito: nel momento in cui si decide quale piattaforma utilizzare, è bene accertarsi del fatto che essa disponga della licenza Cysec e che sia autorizzata a operare nel nostro Paese dalla Consob.
Lo short selling richiede, comunque, una formazione adeguata: non ci si può improvvisare esperti di vendita allo scoperto da un giorno all’altro, o il rischio che si corre è quello di veder evaporare il proprio capitale in men che non si dica. A questo proposito, la cosa più conveniente da fare è ricorrere ai conti demo che vengono messi a disposizione gratuitamente dalle migliori piattaforme di trading online. Grazie ai conti demo ci si può esercitare senza fretta e, soprattutto, senza mettere a repentaglio i propri soldi.
Infatti con un conto demo si investe, proprio come si farebbe sul conto reale, ma utilizzando denaro virtuale. Così, anche in caso di operazioni sbagliate non si ha nulla da temere. Anzi, il conto demo può essere ricaricato tutte le volte che se ne ha le necessità, proprio perché così i trader hanno l’occasione di far pratica. Una possibilità che viene sfruttata non solo dai neofiti, ma anche da chi ha già una certa esperienza ma non intende rinunciare a mettere alla prova le proprie strategie.
FAQ
Cosa si intende per vendere allo scoperto?
La vendita allo scoperto è un’operazione di carattere speculativo che permette di ottenere un guadagno nel momento in cui un titolo scende. Essa può essere sfruttata anche dai piccoli investitori, che si possono affidare alle migliori piattaforme di trading online ed eventualmente utilizzare i contratti per differenza.
Conviene la vendita allo scoperto?
La vendita allo scoperto conviene ma a patto che si sia in grado di sfruttarla: il che vuol dire essere esperti e competenti. Come ogni altro investimento finanziario, insomma, può essere fonte di guadagni consistenti – e la storia di George Soros lo dimostra – ma anche di perdite clamorose. Di certo, studiando e preparandosi su libri e ebook si hanno tutti gli strumenti utili per prevenire rischi.
Roberto Luzzi
Analista
Da dicembre 2019 in tradingonline.it, scrive per diversi siti di informazione finanziaria. Si dedica allo studio di portafogli di investimento diversificati ed alla politica monetaria internazionale. Particolarmente dedito al valutare dividendi ed utili societari.